domenica 28 novembre 2010

Lezione su Pascoli

Questo è un estratto dal libro 24 nero, l'autore è Diego Cugia.
La prima volta che l'ho letto ne sono stata inglobata, totalmente.
Non riuscivo a smettere di proseguire. Drogata e ammaliata da queste pagine così pregne e umane.
La storia è ricca di spunti e l'ambientazione ai giorni nostri permette di immedesimarsi pienamente.
Ho amato questo libro. Ne ho amato i personaggi, creati con maestria, che mi sono restati dentro anche molto tempo dopo aver chiuso l'ultima pagina.
Ne ho amato l'inquadratura che l'autore ha scelto, la possibilità di guardare attraverso gli occhi dei protagonisti, senza giudicarli mai.
Eccovi un pezzettino, a fatica estrapolato da quel "tutto" così uniforme e corposo.
Mi auguro che vi piaccia.

                                                                           Kniewald Demian

Aprì la porta della III B. Si mordicchiò un labbro.
«Paoli, lo sai che dovrei spedirti dal preside, vero?» Bompiani controllò l’orologio sotto il crocifisso: «A cosa dobbiamo questa mezzoretta di ritardo?».
                «Leggevo e non mi ero accorta che si era fatta ora.»
                «Scusa furba con un professore di Lettere. Come se un calciatore, per giustificarsi di aver fatto tardi all’allenamento, raccontasse che stava palleggiando in camera sua.» Una ventina di volti scattarono dalla cattedra alla porta e viceversa. Il professore sentì serpeggiare il sadismo del branco quando il singolo è in difficoltà.
                «Che cosa stavi leggendo?»
                «La breve favolosa vita di Oscar Wao.»
                «Magnifico romanzo, Junot Dìaz è un petit Proust dei Caraibi, hai fatto bene.» Mormorio di protesta, risate. «Silenzio, non scherzo mai sulla letteratura. Vai al tuo posto, Paoli.»
                Eva allungò le braccia intrecciate sul banco.
                [...]
                «Pur di vedervi con un romanzo in mano preferirei che saltaste le lezioni» disse. «La televisione sta erodendo le parole. Poesie e romanzi si stanno sgretolando come la Sfinge, mentre le immagini vi cementano il cervello. Ma c’è più storia in Oscar Wao che in cento edizioni del telegiornale.»
                «E  chi se lo guarda il telegiornale, bellaci’! Tutte cazzate» lo provocò Elio Delussi detto Bellaciccio, suo saluto e intercalare. Dalle microcasse irradiò a palla un pezzo dei Led Zeppelin che Eva gli aveva fatto scoprire e lui riteneva la loro canzone. In fondo all’aula si misero a ballare. Lei no.
                Il professore spense l’iPod:
                «Tutte cazzate? Te ne dirò un’altra: è più moderno un verso di Pascoli che un iPod dell’ultima generazione.»
                Delussi lo compatì, inforcò gli occhiali blu.
                «Non sbuffare, Elio. Ve lo dimostrerò con una poesia, La pecorella smarrita. Lo sai che nella Via Lattea ci sono miliardi di stelle? Immagina di aver abbordato una tipa fantastica, lei ci starebbe con te, ma c’è un problema.»
                «Nessun problema, bellaci’.»
                «Abita in un quartiere periferico molto distante da qui.»
                «Che mi frega? Ho la Honda Shadow.»
                «Non ci vai in moto, la tua bionda galattica vive su Alfa Centauri, la stella più vicina a noi, a parte il sole, purtroppo si trova a 40.850 miliardi di chilometri dalla Terra.»
                «Che sfiga.»
                «Sfiga perché il tuo amore vive a miliardi di chilometri da te? E tu rinunci? Resterai eternamente solo.»
                «Mai stato solo, le assicuro.»
                «Ridete, ridete. Ne riparleremo quando boccheggerete in un call center o dovrete inchinarvi in giacca bianca nel ristorante di un coreano con tre lauree.» Si accorse di essere stato violento, entrambe le loro generazioni soffrivano della medesima abulia, negli ultimi anni si era solo più accentuata.
                «Ci stava parlando del telegiornale, che c’entra Pascoli?»
                «C’entra, io aprirei tutte le sere il Tg1 con la notizia che siamo un puntino fra miliardi di galassie.»
                «Per questo, quando faceva il giornalista, non l’hanno mai nominata direttore» ribatté Elio.
                [...]
                «Bellaci’ non ha torto [...] però non ha risolto il problema. Neppure a Cape Canaveral ci sono riusciti. Pascoli era più tecnologico della NASA. Gli bastano quattro versi per navigare nell’universo. Ti sei fatto rubare la donna da un poeta del secolo scorso.» Elio sbirciò Eva, geloso anche di Pascoli:
                «Questo è ancora da vedere.»
                «Vediamolo.» Bompiani tamburellò sulla cattedra: «Immaginate che Pascoli fosse il nonno di E.T. l’Extraterrestre. Il suo protagonista non è un alieno, ma un frate che all’alba esce dal convento svegliato da una voce». La sua tremò con una vibrazione ardente che catturò i ragazzi chini sulle antologie.

                               «“Frate” una voce gli diceva, “è l’ora
                               che tu ti svegli. Alzati! La rugiada
                               è sulle foglie, e viene già l’aurora”.»

                Scivolò sulle terzine seguenti, dall’albero dell’italiano tante parole erano già cadute, dilungandosi a spiegarle sarebbe caduta anche l’emozione. Schioccò le dita: gli studenti lo fissarono sospesi. Nel grande silenzio proseguì da esploratore che, scoperto un arcipelago, battezza ogni atollo con una parola mai pronunciata da essere umano.

                               «“Sentiva in cuore il rombo della voce.
                               Su lui, con le infinite stelle, lento,
                               fluiva il cielo verso la sua foce.

                               Era il dì del Signore, era l’avvento.
                               Spariva sotto i baratri profondi
                               colmi di stelle il tacito convento.

                               Mucchi di stelle, grappoli di mondi,
                               nebbie di cosmi”...

                ... Avete sentito?»
                «Sentito cosa, bellaci’?» lo sfotté Delussi, ma gli scapparono una smorfia timida e un’altra sbirciata a Eva che non se lo filò.
                «Non era il rombo della Honda ma il suono dell’universo. Siamo nel quartiere della tua conquista. Lei abita qui fra mucchi di stelle, grappoli di mondi. Pascoli ti ha anticipato di un milione di anni luce. Ha suonato al campanello della tua ragazza. Sai come ha fatto a scoprire l’indirizzo di questa velina di Alfa Centauri, vestita in minigonna di carta da presepio? Col TomTom? Con un più sofisticato navigatore satellitare? No, l’ha trovata con la mappa del tesoro della poesia, tre versi, questi:

                               “In quella immensa polvere di luce
                               splendeano, occhi di draghi e di leoni,
                               Vega, Deneb, Aldebaran, Polluce”...»

                «E chi sarebbero?»
                «Stelle, fanciulli, stelle. Pascoli ha scoperto la pecorella smarrita con lo stradario dell’infinito, il TomTom dei poeti.»
                «Che gli fregava, a Pascoli, della tipa di Bellaciccio?»
                «Assolutamente niente» ammise. «Non è la ragazza di Elio, per il frate, la pecorella smarrita, ma la Terra. Su tutti gli altri pianeti non esiste il male. Per questo Cristo si è fatto crocifiggere soltanto qui, sul nostro pianeta sperduto fra miliardi di galassie. Per ritrovarci, dice il poeta, o se preferisci per indicarci la via delle stelle.» La campanella mise il punto alla lezione.

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