mercoledì 17 novembre 2010

Il rispetto che esige silenzio

Preso da Poesia in forma di rosa, questo Frammento epistolare, al ragazzo Codignola mi ha portato subito in un altro posto.
Ero in treno e tenevo il libro tra le mani, come si tiene un oggetto fragile ma che emana una forza che spinge.
Ho letto. E qualcosa mi ha preso alla gola.
Sono parole che conosco, parole che mi trovo dentro, e vederle lì, tutto ad un tratto, esposte e composte in quel modo delicato e terribile, mi ha toccata.

Ora leggete.
Tutto d'un fiato.
Cercate di farvi trasportare dalle parole, anche se non sapete cosa significano, anche se dovreste tornare indietro per capire.
No.
Non adesso.
Lasciate che vi fluisca dentro un'emozione.
Lasciate che parli anche di voi.
La ragione, quella, verrà dopo.
Dopo il silenzio.


Caro ragazzo, sì, certo, incontriamoci,
ma non aspettarti nulla da questo incontro.
Se mai, una nuova delusione, un nuovo
vuoto: di quelli che fanno bene
alla dignità narcissica, come un dolore.
A quarant’anni io sono come a diciassette.
Frustrati, il quarantenne e il diciassettenne
si possono, certo, incontrare, balbettando
idee convergenti, su problemi
tra cui si aprono due decenni, un’intera vita,
e che pure apparentemente sono gli stessi.
Finché una parola, uscita dalle gole incerte,
inaridita di pianto e voglia d’esser soli -
ne rivela l’immedicabile disparità.
E, insieme, dovrò pure fare il poeta
padre, e allora ripiegherò sull’ironia
- che t’imbarazzerà: essendo il quarantenne
più allegro e giovane del diciassettenne,
lui, ormai padrone della vita.
Oltre a questa apparenza, a questa parvenza,
non ho niente altro da dirti.
Sono avaro, quel poco che possiedo
me lo tengo stretto al cuore diabolico.
E i due palmi di pelle tra zigomo e mento,
sotto la bocca distorta a furia di sorrisi
di timidezza, e l’occhio che ha perso
il suo dolce, come un fico inacidito,
ti apparirebbero il ritratto
proprio di quella maturità che ti fa male,
maturità non fraterna. A che può servirti
un coetaneo - semplicemente intristito
nella magrezza che gli divora la carne?
Ciò ch’egli ha dato ha dato, il resto
è arida pietà.
Questo post lo dedico ad un mio amico, Gabriele. Fa lo scrittore. E lui sa perchè.

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