S'intitola Lezione Ventuno, scritto e diretto da Alessandro Baricco.
Il frammento che vi presento è un dialogo tra Marta, studentessa laureata, e il suo geniale professore Mondrian Kilroy.
Parlano di musica, e precisamente del fallimento della Nona Sinfonia di Beethoven.
Leggete queste parole traboccanti di poesia.
Si svelano piano, e sottovoce sfavillano.
Marta: “Magari era solo perché lui era un genio e il pubblico no. E fu per questo che non lo capirono.”
Professore: “Eh, no. Quella è la solita favola e non la voglio sentire, soprattutto da te. Soltanto dieci anni prima il pubblico lo capiva benissimo, anzi, ne aveva fatto una star. Cos’è, erano diventati di colpo tutti stupidi? No. Il fatto è che loro erano un mondo in cammino. Mentre Beethoven, lui, era sprofondato in se stesso. Credimi, non capirono quella Sinfonia non perché fosse troppo avanti per i tempi, ma non la capirono perché era troppo indietro. Quella era musica vecchia.”
Marta: “Questa non gliela farebbero proprio passare all’università.”
Professore: (ride) “Però è così, non ci sono santi, si alzavano e se ne andavano, Marta.
Guarda, non capirai mai niente della Nona se non tieni conto che lui era vecchio. Sordo. Solo. Discretamente disperato, ma soprattutto. Era vecchio. E quella era la musica di un uomo vecchio.”Marta: “Era musica fuori moda, sono d’accordo con lei, ma guardi cos’è successo dopo. È diventata il modello per tanti grandi, una lezione, quasi.”
Professore: “Sai cosa mi commuove nella Nona? Il fatto che c’è così poca Bellezza. E questa è una cosa tipica dei vecchi. Non l’hai mai voluta capire, tu, questa cosa. Quando si è vecchi, avere a che fare con la Bellezza è maledettamente complicato. Di tanto in tanto la puoi anche rubare, come un miracolo, ma la regola è che l’hai perduta per sempre. Sì, puoi ricordarti bene di quando eri così forte o leggero da allungare la mano e prendertela, ma non è più così. Mai.
Tu lo sai qual è la vera tragedia? Che la forza invecchia nella complessità, e la leggerezza nella pazzia.
La forza costruisce e costruisce, e alla fine non c’è più spiraglio, non trovi più una porta aperta. Niente.
E la leggerezza, sempre svapora. Diventa una cosa inutile. Come un volo senza uccelli.
Beethoven, che era la forza, diventò incomprensibile. E Rossini, che era la leggerezza, impazzì.
E io che sono il professor Mondrian Kilroy sto seduto qui in un bowling. Con la mia cena.
Piccolo riassunto della lezione, Marta. Nella Nona Sinfonia c’è intelligenza. Genio. Libertà. Ma c’è così poca Bellezza. Proprio perché non gli riusciva più di... Doveva farsi strada tra tutta quella complessità.
I gesti dei vecchi. Sempre così complicati. Difficili.
Ritrovare per un attimo un po’ di Bellezza. Ci riuscì, forse, un paio di volte ancora prima di morire, ma non nella Nona. Tempo dopo. Musica piccola. Niente a che vedere con cori, oppure... Musica piccola.
Io ogni tanto me lo immagino, sai, lì nel deserto ghiacciato della sua vecchiaia. D’improvviso ritrovare i passi lievi della Bellezza per riuscire a sfiorarla, stringerla, con un unico, preciso gesto.
Un miracolo.
Tutti ci meriteremmo un miracolo così.
Ce lo dovrebbero concedere nell’ultimo istante, in cambio del morire.
In onore di questo nostro paziente, splendido morire.”
Ed ecco qui, per chi lo desidera, la piccola parte del film. Lucente.
Nessun commento:
Posta un commento