lunedì 21 marzo 2011

Lettera d'amore

Ok, alla fine mi sono decisa.
Alcuni di voi mi hanno chiesto perché non pubblico qualcosa di mio.
Qualcosa che parli la mia stessa lingua.
Qualcosa che abbia il mio odore, e la mia forma.
E ora mi sono decisa.
Non saranno molti pezzi, davvero.
Uno ogni tanto.
Un intervallo di me, fasciato dal calore dei Grandi, cui umilmente mi appoggio.

Questo è un pezzo che ho presentato un annetto fa ad un concorso indetto dalla casa editrice Noubs.
Sono stata segnalata.
Bisognava scrivere una lettera d'amore, una qualsiasi lettera d'amore.
Lo appoggio qui sotto.
Abbiatene cura.


foto di Chiara Pasin

Nell’attimo in cui la mia penna si alza per riprendere fiato dopo l’apnea del foglio, ad intervalli regolari, pulsa il mio cuore. Martella ricordandosi di quando non era stanco.
E gli pare sia passato così tanto tempo…
Scrivo seduto sul letto, chéri. Il letto che mi vedrà andare via, invidiando la nostra sagoma intersecata ritagliata nel pavimento. Allontanarsi. Quando, chéri?
Scrivo seduto sul letto mentre una falena si schianta testarda sul vetro opaco e polveroso dell’abat-jour. Fa rumore. Disturba il ritmo regolare del mio respiro e dello scorrere irrefrenabile dell’inchiostro blu. Non so perché blu. Forse perché a te piace solo il nero. Te l’ho visto tante volte addosso, chéri. E allora pensavo che ti saresti riposata gli occhi, con un pezzetto di oceano. Perché questo è proprio quel blu dell’oceano quando gonfia le onde da lontano, senza il frizzare di creste tutto intorno. Fatto apposta per metterti su una barca e partire, chéri. Lo avremmo potuto fare, non credi? Senza disturbare nessuno. Con gli occhi abbottonati, mentre il blu vortica fischiando. Ma piano. Sotto di noi.
Scrivo seduto sul letto, e ogni tanto mi fermo, come se cadessi per colpa di un peso troppo forte, che mi fa cedere le ginocchia che cozzano sul pavimento.
E ogni volta mi devo rialzare.
E ogni volta so che dovrò ancora crollare. Troppe volte, chéri. Mi è successo ormai troppe volte. Sempre a restare vuoto, dentro, come se la mia esistenza fosse ridotta all’attesa del prossimo tonfo.
Ma ora verrai tu, chéri. Me l’hai promesso.
E’ solo grazie a te se potrò liberarmi da questa routine infernale, da questa distesa di ghiaccio duro. Mi porterai dentro di te. Dove regna incontrastato il calore della terra, dove mi ci abbandonerò come fossi un bambino. Raggomitolato.

E tu sarai pronta ad accogliermi, non è vero, chéri? Ma forse tu lo sei sempre stata, per me. Sono io che l’ho capito tardi. Ma non è mai troppo tardi per farsi succhiare via le rughe dal viso. Ti vedrò e il mio volto sarà liscio. Come non lo è mai stato, con nessuna donna. Senza più contrazioni o pensieri a turbarlo. Come quello delle statue greche.

Mi chiedo sempre quando arriverai. Lo sai, chéri. Ormai non faccio altro che pensare a te, ogni giorno che passa senza vederti. Mi sento come una lettera che dev’essere portata a destinazione, e non potrei aver scelto meta migliore. Solo che sono io, che attendo. Con un’ansia e una bramosia che fatico a contenere, che devo reprimere per non lasciare che mi guidi, sbandato, a cercarti. Ho promesso che ti avrei aspettata. E a discapito della sorpresa, so già cosa accadrà.
Attraverserai la finestra, e io vedrò solo la tua ombra, a toccarmi. E da lì inizierò a sentire il tuo profumo. Dall’attimo esatto in cui la maniglia consumata di ottone chinerà il capo indulgente.
E capirò che quello sarà il momento. Mi si insinuerà dentro un qualcosa di tremendamente bello, che mi salirà dai piedi fino allo stomaco, per torcerlo e per gettarmi sotto la pelle manciate di farfalle impazzite, che gli altri si ostinano a chiamare adrenalina. Mi capita ogni volta che ti penso, chéri. Poi entrerai. Solo allora. Sarai bellissima. Vedrò prima la tua mano inguantata, il piede incorniciato da scarpette scure, poi chiuderò gli occhi. Per poter vedere il tuo volto solo quando mi sarà vicino, in quel tassello di tempo che non si può contare, prima di poterti toccare.
Finalmente. Dopo tutto questo tempo. Sarò tuo, chéri. Sarò tuo come non lo è mai stato nessuno. Con una passione e una rabbia dolcissime. Con una voglia e una tenerezza mai viste. Con un grido e una lacrima. E tu non parlerai. Non lo fai mai. Resterai sul mio letto fino a quando il sole rispettoso ci chiuderà sopra la tenda che è la notte. Premuroso.
E allora, forse, piangerò, chéri.
E tu berrai dalle mie lacrime l’amaro che fino ad allora mi sarò tenuto stretto dentro. Mi strapperai di dosso le catene che mi impedivano il passo, e mi terrai per mano. Guardandomi con due occhi pieni fino all’orlo.
Piangerò per il mio abbandono a te che sarà totale e definitivo. Per la consapevolezza di essere giunto al punto atteso da così tanto, chéri.

Mia adorata Morte.
Sono qui che ti aspetto.


Tuo, per sempre.

1 commento:

  1. E' stupenda in ogni passo. Puro confronto con la Morte.
    Bella e rassicurante ma non devo cercarla, gliel'ho promesso. Sorrido in attesa.

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